La Rumba



Per essere rumbero devi aver pianto,
per essere rumbero devi aver riso,
devi aver sognato, aver vissuto,
per essere rumbero devi sentire dentro
dolci emozione che agitino i tuoi sentimenti.


A Cuba lo spirito autentico della rumba cammina di casa in casa, di quartiere in quartiere, di città in città e da oltre mezzo secolo anche di continente in continente grazie a tanti artisti cubani. E di questi ultimi ambasciatori di rumba,  si possono ricordare Miguelito Valdès e Chano Pozo (autore della mitica Blen Blen Blen), Xavier Cugat (ahiiiiii!), Mario Dreke “Chavalonga”, Los Muñequitos de Matanzas, Clave y Guaguancò e Los Papines…..

La realtà.
Difficile fare un discorso completo e serio sulla rumba, in quanto siamo in presenza non solo di danza e musica, ma anche di canto, poesia, pantomima, comunicazione e stili differenti su cui ancora si dibattono gli esperti.
Un fenomeno complesso, dunque, che gli stessi studiosi cubani hanno difficoltà a parlarne nella sua interezza e in modo univoco. Lungi da me, quindi, la velleità di proporvi le verità della rumba, ma solo mi limiterò a suggerirvi degli appunti sul tema, frutto di esperienze dirette o conoscenze letterarie acquisite nel corso degli anni. Appunti come contributo per riflettere e come spunto per coloro che viaggiano nella patria della rumba e spesso non si accorgono di avere dietro l’angolo un giacimento rumbero. Come succede alla maggioranza dei turisti che popolano le bianchissime spiagge di Varadero (la Rimini cubana!) e non sanno, o si dimenticano, che a pochi chilometri di distanza c’è una culla della rumba: Matanzas. Proseguendo per altri pochi minuti si incontra Cardènas, altra zona di rumba, e a meno di due ore di viaggio i quartieri e le periferie della capitale cubana dove esistono le altre realtà rumbere più significative di tutta l’isola. Ma se gli avaneri e i matanzeri sono i depositari principali di quest’arte, i versi “Si te quieres divertir, escucha esta rumba buena “ di Gonzalo Asencio, re del guaguancó, si cantano in ogni angolo dell’Isla grande in sintonia con il carattere allegro, festoso e creativo del cubano che si identifica totalmente nella rumba.

Un po’ di storia.
La Rumba è un genere musicale ballabile di origine afro-spagnola che nasce a Cuba alla fine dell’800 e si sviluppa dopo l’abolizione della schiavitù, quando gli schiavi ormai liberi lasciano i campi per stabilirsi nelle periferie delle città (in particolare a Matanzas e all'Avana)  nei quartieri chiamati “Solares”, per iniziare una nuova vita.
Per questa gente, che si incontra festosa nei barrios e nelle piazze, la danza e la musica diventano un modo di essere, di vivere e di esprimersi, sia sul piano religioso, sia sociale, sia affettivo.
Il ritmo della Rumba è scandito dalla percussione di tamburi (tumba, llamador, quinto), o di pezzi di legno, accompagnati da claves o cucharas (cucchiai), caratteristiche che lo rendono accessibile a tutte le classi sociali.
Con il passare del tempo si formano numerose varianti, che oltre ad avere ritmi diversi si contraddistinguono anche per lo stile: lo Yambú, ballata col seducente movimento del bacino, la Columbia, ballata da soli uomini, e il Guaguancó, danza del corteggiamento.
Oggi la Rumba è il prodotto più caratteristico di Cuba, è il simbolo della resistenza culturale degli emarginati, è una sorta di cronaca sociale della vita dei più umili, un racconto dei fatti quotidiani del quartiere, un modo per commentare anche gli eventi di attualità politica.
Essa è una totalità organica che mostra la complessità e la ricchezza dell’identità culturale di questa nazione; quando vogliamo parlare del “cubano”, infatti, del suo modo di muoversi, dei suoi sentimenti, delle sue aspirazioni e contraddizioni non possiamo non parlare della Rumba
Essa costituisce la manifestazione più genuina e autentica della musica popolare cubana e apporta elementi fondamentali anche alla Salsa, con particolare riferimento all’azione del corpo e al movimento dei fianchi e del bacino, tipici della gestualità rumbera.
Le radici della rumba affondano soprattutto in Africa e per riuscire a capire meglio in generale i caratteri dell’afrocubanismo consiglierei di leggere i saggi musicologici di Alejo Carpentier e quelli dell’etnologo Fernando Ortiz, considerato il terzo scopritore di Cuba, antropologo che ha scritto pagine fondamentali sul contributo dei neri alla formazione dell’identità cubana. E sempre questo intellettuale, finissimo etnomusicologo, parlando in generale della musica afrocubana scrive: “...espressione musicale che il popolo cubano assimilò dai negri africani, adattata, modificata e creata nell’isola caraibica sotto l’influenza delle tradizioni musicali africane, amalgamata con altre di provenienze diverse”. Si intuisce che nella fusione hanno partecipato gli europei con le varie tradizioni culturali. E’ una danza ed una musica di carattere prettamente africano è uno stato d’animo, un attitudine, un’atmosfera….La rumba è una festa alla quale ognuno partecipa. Si balla dentro le case, per le strade . Può essere suonata battendo il ritmo su tamburi, su casse di legno, su cassetti di un comò con dei bastoni. La rumba è nata nelle province di Matanzas alla fine del secolo XVII. Si è sviluppata in tutta Cuba alla metà del secolo XIX. Si è propagata nelle province dell’Habana e successivamente nella provincia di Santiago. Qualunque sia la sua forma, la rumba comporta un canto, una danza e delle percussioni. E’ l’espressione più vera e bella del folclore cubano. Le origini melodiche sono attribuite agli spagnoli e più precisamente agli andalusi. La paternità ritmica è da attribuire all’Africa e più precisamente all’etnia bantù. In effetti, la rumba discende dall’Africa dalle etnie congo e nacque come danza per la fertilità e come danza guerriera africana
La grande tradizione afrocubana sfocia in parte nella rumba cubana, sintesi della poliritmicità e della strumentazione di origini africane con le forme comunicative e poetiche (canto, decima e pantomima) di origini europee. Una musica meticcia con ritmi mulatti, che è bene ribadire non ha finalità rituali, ma si tratta di espressione profana per divertirsi e che va considerata, più che per l’aspetto ballabile e cantabile, come festa collettiva. Un momento di socialità, tanto che il cubano usa il verbo rumbear per riferirsi a festa e allegria.
E rumba anche come poesia e in questo senso merita una citazione il lavoro poetico di Nicolas Guillén autore di opere come Songoro Cosongo, Mulata e Rumba.
 
Le origini.
In poche parole: la rumba ha subito discriminazioni perché i perbenisti la ritenevano immorale e selvaggia a causa della sua caratteristica fondamentale: il dialogo tra uomo e donna, soprattutto nelle varianti del yambù e guaguancò. Ma ne parleremo in seguito.
I primi passi fondamentali della forma cubana della rumba sono stati mossi nel 1886, quando a Cuba venne abolita la schiavitù e gran parte della popolazione che lavorava nei campi si spostò nelle periferie delle città. Sorsero nuovi insediamenti e questi caseggiati, i cosiddetti solares, furono la cornice delle feste collettive animate da gente umile di origine africana, ma anche da bianchi di origini spagnole e creoli appartenenti alle classi sociali più deboli.
In pratica: per “fare” rumba si declamano versi o si intonano canti accompagnati da ritmi ottenuti con strumenti che oggi diremmo riciclati, come una cassa di legno - contenitore di baccalà o candele - che diventa un cajón, cucchiai (cucharas), zucche o frutti di güira secchi per realizzare maracas o chequerè. A questi strumenti si sono aggiunte le claves, la ‘triade’ composta da tumbadora, conga e il quinto, che oggi sono basilari nella famiglia delle percussioni cubane. Le prime sono i legnetti che danno il ritmo di base a tutta la musica tradizionale. La tumbas o congas , i tamburi – a forma di barile - che hanno determinato la messa in soffitta, non totale, dell’anziano cajon.